Roma. Roberto Bosco ha inaugurato la sua personale Oltre confine al MACRO al Testaccio, con opere di grandi dimensioni, inusuale per i giorni nostri. Presenti tanti VIP e personalità, come il produttore dell’evento Anselmo Chizoniti, i principi Guglielmo Giovanelli Marconi e Alessio Ferrari Angelo-Comneno, il duca Luigi Catemario di Quadri, la baronessa Cetty Lombardi Satriani, il marchese Giuseppe Ferrajoli, i critici d’arte Francesca Barbi Marinetti e Claudio Strinati, gli onorevoli Sandra Cioffi Fedi, Piero Meloni e Antonio Paris, Linda Batista, Adriana Russo, Beppe Convertini, Anthony Peth, la psicoterapeuta Irene Bozzi, il costumista Francesco Crivellini, Conny Caracciolo, Stefania Giacomini, e tanti altri.
Come approfondimento vi proponiamo il breve dialogo intercorso con Claudio Strinati, ex soprintendente di Roma con all’attivo centinaia di pubblicazioni e mostre di eccezionale successo come Sebastiano del Piombo, Caravaggio e Il Quattrocento romano.
Claudio Strinati, ho colto questo tra le opere di Roberto Bosco, parlandone con l’artista: manca lo spazio all’interno dei quadri. E invece lo spazio è estremamente importante. Viviamo in una società così ammassata?
In certe circostanze sì, come in questo istante noi. Però, se analizzassimo meglio: ora siamo nell’atrio della mostra, e stiamo un po’ ammassati, ma nella parte principale della mostra, nella navata centrale, non sono ammassate, anzi ci sono le persone che circolano liberamente. Il movimento degli esseri umani è a corrente alternata, in certi momenti si sta tutti ammassati, inestricabili; in altri tutto il contrario. A dire la verità, se ci avviciniamo ai quadri e li vediamo, in realtà non è vero che non c’è lo spazio, anzi in alcuni è sovrabbondante. E’ uno spazio comunque vuoto, ma non è che il vuoto non sia spazio. Anche nell’universo, tutto questo spazio perché esiste? Però esiste ed è per lo più vuoto.
Questo artista una meditazione del genere l’ha fatta, non lo leggerei però nella chiave dell’oppressione, quanto nella chiave della situazione delle figure che galleggiano su una sorta di vuoto. E quest’ultimo significa una mancanza di riferimento, di aggancio.
Questo accade perché è stato soppresso l’apparato idelogico?
E’ una domanda grandiosa. Alla fine darei una risposta sintetica: sì, è vero. Le faccio il mio caso: ho 65 anni, negli ultimi di essi, speriamo non siano veramente gli ultimi, non ho fatto altro che leggere e sentire opinioni di giornalisti, studiosi, esperti che dicono: la morte dell’idelogia, sono morte tutte le ideologie. Tutti contenti di questo fatto, visti i precedenti che hanno guastato la storia d’Europa e d’America. Adesso la mente delle persone è più libera, non è costretta nella gabbia dell’idelogia. Giustissimo. Però, la ruota della storia gira: e adesso siamo arrivati al punto che cominciano a rimpiangere questa assenza. Si sono accorti che, mancando ogni tipo di idelogia, come Roberto Bosco a qui rappresentato, non siamo per niente d’accordo. Infatti, osserviamo che ora vengono esaltate le larghe intese. Però, poi tutti si accorgono che esse servono solo per non avere alcuna idea in particolare. Alfano, Renzi: dicono che è tutto uguale. Però uno si chiede: se è tutto così uguale com’è che non va così bene? Forse un po’ di ideologia potrebbe giovare. Effettivamente questa dell’idelogia di spinge ad osservazioni molto interessanti.
Adesso siamo in una fase di analisi strutturale delle ideologie. Si nota che un loro utilizzo sbagliato porta alla morte ma le loro strutture, in quanto tali, possono essere utilizzate.
Guardi, è verissimo. Sono assolutamente d’accordo su questo. E’ un periodo dove non perdo mai occasione di dire, quando capita, che penso di essere marxista, nel senso che considero il marxismo una grande ideologia. Molti dicono che è morto e sepolto ma sai quanto farebbe bene vedere i contorni della storia in quell’ottica. Il Renzi, che non sarà affatto marxista, non lo so, il solo fatto che vince l’elezione, la prima cosa che dice: “Guardate, ora comando io”. Sono rimasto impressionato: il coraggio di usare la parola comando, di questi tempi. Questo signore ha detto senzi mezzi termini: i vecchi devono andare via, ora comando io che sono giovane ideologicamente. Lei ha notato? I vecchi immediatamente si sono adeguati, perché? L’idelogia del comando, lungi dall’esser deplorata sempre e comunque, è molto importante.
Anche in versione romanzata, Melville in Benito Cereno aveva analizzato le stesse dinamiche, con presenti delle navi dove una di esse non è comandata.
Guardi, è una cosa sacrosanta. Melville è un genio, non sarebbe male che chi ci ascolta, finito di sentire l’intervista, andasse in libreria a leggere un libro di Melville: sa quanto bene le farebbe!