Nei giorni di festival si è respirata un'aria internazionale comodamente seduti a Roma

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Roma. Molta selezione mirata e di raffinata qualità al RIFF 2011 dove si sono premiati i temi sociali ed internazionali con uno sguardo non troppo celato all'estetica del filmato. Al di là dei vincitori, vi proponiamo quelli che sono risultati, a nostro avviso, migliori e meritevoli di critica, positiva o negativa che sia.

Cattivi di Enrico Tubertini ha attirato un foltissimo pubblico in sala ma non ha mantenuto le aspettative che serpeggiavano in attesa della prima nazionale.
Mediometraggio girato in HD nel 2010, su sceneggiatura di Enrico Tubertini e Danilo Meriano, narra la storia quasi onirica di un gruppo di uomini che devono organizzare l'addio al celibato di un loro amico. In un susseguirsi di fatti reali e sognati, di morti veri e presunti, il regista mostra i pensieri segreti di queste persone normali, giocando molto su effetti speciali che rendono accattivante la visione. Rimane però debole la sceneggiatura, visto che il mediometraggio, così come il cortometraggio, richiedono molta più abilità nel fornire un messaggio chiaro e semplice allo spettatore, altrimenti si rischia di mostrare un prodotto incompiuto nonostante gli sforzi.
Il coraggio di mostrare determinati pensieri umani risulta debole se non accompagnato da una propria visione e filosofia di vita.
Da segnalare l'ottima colonna sonora che accompagna il film.
Attori: Alberto Donatelli, Daniele Miglio, Lucia Nicolini, Antonio La Rosa, Manola Rotunno, Rocco Piciulo, Angelo Eterno e Nicole Cimino. Musiche: Giacomo Del Colle Lauri Volpi.

Dirty Paradise è un documentario del 2009 di Daniel Schweitzer che mostra la potenza delle immagini e dell'idiozia dell'uomo. Film francese con sottotitoli in tedesco, mostra gli allegri effetti del mercurio riversato nei fiumi della Guyana Francese usato per far rinvenire l'oro. Nulla in contrario alla ricerca dell'oro se non fosse che con idranti distruggono il terreno delle lussureggianti foreste del nord-est dell'America del Sud, per poter setacciare il terreno lavato, e tale distruzione viene a pesare sulla popolazione indigena la quale, dopo la dominazione colonialista che tutt'ora perdura, deve sottostare alla distruzione del suo paradiso e soprattutto all'inquinamento dei loro fiumi col mercurio, un componente velenosissimo che causa modificazioni genetiche, storpiature, febbri improvvise ed epilessia. Infatti, gli indigeni mangiano i pesci di fiume i quali recepiscono immediatamente il mercurio. Che dire? Ma soprattutto: che fare? Schweitzer è impietoso e freddo e non esita a mostrare un sorridente Sarkozy che viaggia allegro insieme all'ex moglie Cecilie nella Guyana Francese a controllare l'andamento delle ricerche: sono immagini di almeno un decennio fa, a dimostrazione che la distruzione prosegue serena da troppo tempo.

Disoccupato in affitto è un documentario girato nel 2010 da Luca Merloni che vede come protagonista Pietro Mereu, esperto di comunicazione, girare l'Italia con un cartello addosso con sopra scritto: Disoccupato in affitto. Obiettivo? Trovare lavoro alla maniera di un suo coetaneo londinese che sempre nel 2010 riuscì nell'impresa.
Girando la penisola Pietro ha incontrato moltissime persone con le quali non solo ha provato a trovare lavoro -senza riuscirci- ma anche discusso sulla stessa problematica, sulle possibili soluzioni, sulla politica, sull'Italia in generale. Il ritratto che emerge degli italiani è quello di un profilo unitario ingessato in stereotipi da Benvenuti al Sud, assoluta mancanza di inventiva e totale passività di fronte al futuro. Sembra un muro di rassegnazione invalicabile fatto di ostinata volontà di sconfitta.

Realizzato con pochi mezzi e tanta volontà, il documentario spinge molto la sua estetica sul dialogo con le persone rimanendo ancorato alla tematica centrale del persona senza lavoro che si ingegna nel procurarselo: scelta che premia la coerenza ma forse si è persa una grande occasione per realizzare un prodotto che entrasse nella storia paragonandosi a quelli di Nanni Loy. Sintomatico come una coppia di signore genovesi in pensione abbiano reagito nel vedere il Pietro nazionale col cartello al collo: "bella idea".
Ci si ferma al prodotto come viene presentato, al package secondo l'agognata terminologia del marketing, dimostrando che l'italiano ormai ragiona come una televisione ma anche che il documentario non si spinge oltre: l'italiano si ferma alla superficie? Oppure si poteva approfittare per un'analisi sociale ma soprattutto economica che poteva scomodare anche i grandi del passato? E' l'effetto concreto della società liquida? Rimane questo dubbio, si rischia che, nonostante sia una fotografia nella quale molti giovani purtroppo si rivedono con delusione, passi il messaggio della goliardata, anche se bisogna ammettere che può essere stata una scelta mirata del regista e dell'attore e come tale da rispettare: puntare sul binomio cerco lavoro-vediamo cosa mi rispondono.

Per la sezione dei corti, da segnalare Shift, Via Gori e Day of German Unity. Il primo parla in 15' del problema della violenza domestica con un tocco d'arguzia notevole da parte del regista estone Anu Aun. Una poliziotta chiamata per degli schiamazzi in una abitazione salva una donna dal futuro di violenza del marito che già si profila all'orizzonte, portandola via come responsabile degli schiamazzi e dandole anche uno schiaffo: così potrà farsi una foto con un'evidente violenza e iniziare la causa del divorzio. Tutto il mondo è paese, a quanto pare: e la trovata del regista mostra ancora una volta che la legge non sempre guarda alla donna.

Via Gori racconta con semplicità l'atroce guerra della Russia contro i Ceceni ma, più in generale, di come la guerra non sia una vittoria per nessuno. In questi giorni un messaggio quanto mai vero.

Diverso il discorso per Day of German Unity di Kaan Muejdeci: in una città della Germania una coppia di omosessuali perde la loro adorata cagna e mettono un annuncio per trovarla. Una coppia di immigrati turchi rubano il primo cane che le somiglia e contattano gli sfortunati per alzare il prezzo del riscatto. Gabbati in modo banale, i due turchi ci riprovano rubando stavolta il cane vero ad un ebreo che lo aveva ritrovato. In finale, turchi ed ebrei si riuniranno insieme per estorcere più denaro agli sventurati.
Una commedia divertente in venti minuti, con brillanti dialoghi e una cura del colore notevole.

Delude Viola di Travis Andrade. Della durata di 21 minuti circa e che vede tra le protagoniste una brava Giorgia Wurth, dimostra ancora una volta che l'Italia non riesce più a produrre corti o mediometraggi polizieschi, noir o semplicemente che giochino sulla tensione. Stesso discorso di Cattivi: scenografie perfette, ottimo il montaggio ma manca l'anima, la sceneggiatura. Forza ragazzi: l'Italia è un paese creativo, tirate fuori la vostra intelligenza!