Al Parioli, dal 23 ottobre, quattro monologhi scritti da Costanzo e Vaime

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  Fanny Cadeo racconta il suo personaggio

Roma. Ieri sera la prima dello spettacolo di Costanzo e Vaime: "Arrivederci e grazie", al Teatro Parioli. Protagoniste Fanny Cadeo e Manuela Kustermann, che interpretano due monologhi a testa sulla situazione tra uomini e donne. Qual è il risultato? L'uomo ne esci a pezzi ma la donna arranca, stretta tra un'autosufficienza materiale e spirituale che non la appaga, come sempre succede quando mancano i sentimenti.

La scenografia è essenziale ma rende un effetto coloratissimo. Gli oggetti sul palcoscenico sono utili giocattoli per le attrici. Entrambi gli sceneggiatori decontestualizzano il loro uso, inserendoli in quella dimensione intellettuale e psicologica per la quale l'oggetto è la persona che manca, il sentimento che non c'è, l'assenza che simboleggia il vuoto delle quattro donne rappresentate nei monologhi. C'è, perché proprio esiste, una forza nella scenografia che è data dalla sua essenzialità che concentra sul contenuto e sull'attore, che si ritrova a duro contatto col pubblico.

E certamente non è aiutato dalla sceneggiatura che porta allo scoperto tutti i nervi della generazione 35-43 anni. Stando attentamente in ascolto parola per parola, lo spettatore potrà notare come soprattutto Vaime riesca ad essere abrasivo come la carta vetrata, costringendo l'attore a graffiare con la voce il testo e la sua gestualità.

La Cadeo e la Kustermann mostrano duttilità nella scena, ognuna per le sue caratteristiche e percorso artistico. La Cadeo in parte sembra legata ma è caparbia nel ricercare, nel corso dei suoi monologhi, il suo spazio vitale sulla scena e col pubblico, col quale dialoga spesso, duettando con semplicità e ironia con Little Tony presente in platea. Si cala bene nella due parti, è proprio la sua generazione. E sulle manie maschili strappa applausi e risate, cogliendo con l'esagerazione dei movimenti e della voce quelle scenette comiche, ma forse meglio tragiche, che ognuno di noi avrà visto andando in palestra. Il monologo teatrale è un pezzo difficile, perché mette in gioco la capacità di modulare la voce, la gestualità, il sentirsi come corpo e partecipazione emotiva: la Cadeo era attesa ad una prova impegnativa ma l'ha superata perché la determinazione e la curiosità di voler arricchire il suo percorso artistico, il rischio quindi, sono gli elementi basilari che consentono di superare le prove e di rendere vivo nell'immaginario del pubblico un artista. E saremmo curiosi di vederla anche in altri spettacoli teatrali, non necessariamente monologhi.

La Kustermann usa la sua esperienza e talento per trascinare nella recitazione un elemento fondamentale del teatro: saper cogliere il tempo giusto per dire e per muoversi. Didatticamente, è stata una lezione di come si debba avere dentro di sé un metronomo per dare il giusto ritmo e coinvolgere il pubblico senza annoiarlo.

Qual è la realtà che Costanzo e Vaime vedono? E' lontana da quella percepita dai giovani, non riuscendo a comunicare che rituali e visioni ormai superate? Come ben sappiamo, il tempo scorre veloce, scolorisce le immagini e attenua i sentimenti: anche i quattro monologhi potrebbero rimanere troppo legati al nostro tempo. In parte non lo rimarranno, saranno quei segnali che ricorderanno, nel futuro, le caratteristiche della nostra epoca e la sotterranea lotta contro il passare del tempo -nello spettacolo le protagoniste parlano solo del tempo passato, del tempo perduto, del fatto che è troppo tardi per fare una cosa, troppo tardi per recuperare ad un errore- che è umano, troppo umano.