In esposizione al Palazzo delle Esposizioni le principali opere dell'artista

pagina 1/1

Roma. Legno, lana, cenere, vetro, pigmenti di colore. E una creatività inesauribile. Questa è l’arte di Mario Ceroli. Il redivivo Palazzo delle Esposizioni apre in grande stile con, oltre a Rothko e Kubric, l’antesignano della cosiddetta “arte povera”.

Mario Ceroli, sostanzialmente autodidatta, esordisce nel 1958 con la vincita del Premio per la Giovane Scultura della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. La sua ricerca stilistica contribuì, all’inizio degli anni ’60, alla ridefinizione del linguaggio artistico, che porterà poi alla cosiddetta “arte povera” della fine dei ’60. Ma i materiali utilizzati da Ceroli riportano soprattutto alla realtà ed al senso che questa comunica attraverso i propri materiali e il “filtro” dell’artista.

L’allestimento, che comprende opere “datate” accanto ad altre pensate apposta per lo spazio espositivo del Palazzo, potrà essere visitato fino al 2 dicembre, ed accoglie chi vi si avventura con i caldi toni del legno naturale.
Sono infatti famose le caratteristiche sagome in legno (La Cina, 1966), esposte proprio all’inizio del percorso e che ben simboleggiano l’ideologia collettiva che ne era alla base. Ma sono anche altri gli elementi della poetica di Ceroli. Interessante e profondamente toccante la citazione in chiave personale dell’arte italiana, come il Cristo Morto di Mantenga nel Senza titolo 2007: il legno intagliato, con l’ombra reale disegnata dall’uso di due superfici piatte è l’incontro tra la pittura e la scultura, tra la bidimensionalità e la terza dimensione con un risultato insieme drammatico e impalpabile. E questo incontro prosegue all’interno della mostra, dove altre figure accompagnano il visitatore nella scoperta del binomio tra forma e sostanza, tra fuori e dentro le opere. La cenere infatti, curioso ingrediente di alcune realizzazioni, è la polvere che ricopre la vita quotidiana rendendo tutto uguale con la propria patina. Solo chi riesce ad accorgersi dell’omologazione che l’uomo vive è possibile uscire dal circolo vizioso del quotidiano. E’ il caso de la Nuda Verità (2007), nelle due versioni presentate.

L’artista di Castelfrentano è alla continua ricerca di nuovi linguaggi, e ha fatto del suo stesso luogo di lavoro e di vita un’opera. Alle porte di Roma ha infatti creato uno spazio di 3000 metri quadri per le sue opere, oltre 500, trasformandolo in un museo in continuo divenire, senza separazioni tra gli ambienti di lavoro, con la speranza di poterlo presto aprire al pubblico. Nel cassetto di Ceroli infatti c’è il sogno di creare un laboratorio che possa essere ponte con le nuove generazioni e con tutti gli amanti dell’arte contemporanea. Un intento davvero nobile, degno di una grande e multiforme spinta creativa.