Mostra fotografica presso il Teatro Eliseo fino all'11 marzo
Penso che alla mostra fotografica di Marta Mongiorgi si arrivi con un'idea di fotografia e si vada via
con un'idea di scenografia. Ed è bello. Infatti si nota come la fotografia assolva al compito di puro strumento
documentativo nel modo ad esso più congeniale: la neutralità. E' un ottimo strumento, la macchina fotografica.
Consente, con un solo scatto, di documentare, ossia di descrivere in modo tale che rimanga nel futuro, una situazione
che, all'occhio attento del fotografo, rappresenta di per sé una scena di senso compiuto. Spesso si fotografano importanti
personaggi pubblici. Ed il senso compiuto lo si associa all'idea che lui, il personaggio, è famoso e pertanto la foto è
compiuta di suo. Spesso si fotografano monumenti ed il senso compiuto deriva dalla bravura dell'artista, vuoi architetto,
vuoi scultore. Marta Mongiorgi fotografa le sue scenografie. Dov'è il senso compiuto? Innanzi tutto, è meglio spiegare
gli ingredienti. Primo: la macchina fotografica è usata come puro strumento. E' neutrale, non è lei, la sua marca, la sua
ottica, le sue qualità ad essere protagoniste. Secondo: la scenografia è realizzata dallo stesso fotografo. Nel suo
obiettivo di documentare la scenografia realizzata, usa lo strumento macchina fotografica come tale, neutralmente. Pertanto
si arriva alla mostra con un'idea di fotografia e si va via con un'idea di scenografia. L'idea mi ha sorpreso un poco.
Certamente di scenografie fotografate ne sono piene i libri e la storia: pensiamo alle scenografie realizzate nei teatri, poi fotografate
come documento. Ma sono state concepite come propedeutiche ad essere viste e commentate dall'occhio umano. Non dalla macchina
fotografica. Quindi alla mostra si nota la scenografia che è stata realizzata apposta per essere fotografata ma senza che la macchina
fotografica ne sia il protagonista. Il terzo ingrediente è il soggetto scenografico. L'artista ha scelto di rendere scenografici
materiali corrosi dal tempo, come le fabbriche dismesse in città. Da esse ha recuperato gli interni abbandonati, arrugginiti, che una
volta sono servite per una crescita economica. Inoltre ha raccolto materiali anch'essi arrugginiti componendoli e, con un'attenta pazienza,
forgiandoli nella luce. Questo il meccanismo tecnico in nuce. Non penso si possa andare oltre. Ritengo che l'idea sottesa dalla mostra
sia esattamente come descritto dal'artista nel commento disponibile sotto. Uno studio scenografico, valido per successive elaborazioni.
Stop. Ulteriori commenti sbilancerebbero l'equilibrio osservato.
Commento raccolto da Riccardo Mazzoni
Commento di Marta Mongiorgi al suo lavoro
(articolo pubblicato il 28/02/2006) |