Roma. La presentazione della nuova stagione de La prova del cuoco con Antonella Clerici su RaiUno ha fornito l’occasione di incontrare il popolare presentatore Claudio Lippi, che nelle puntate del sabato affiancherà la conduttrice.

Per anni colonna di Buona Domenica su Canale5, la fortunata trasmissione pomeridiana ospitata negli studi di Cinecittà, vede come tanti attori la chiusura proprio di quegli studi che lo hanno reso popolare e l’incombente progetto di demolizione. Proprio a lui chiediamo la sensazione provata per questo fatto di anticultura e una riflessione sull’infinita lettura intellettuale della tv generalista: ha ancora senso?

 

Lei per tanti anni ha lavorato a Buona Domenica, ergo negli studi di Cinecittà, ora chiusi e pronti per essere demoliti: le piange il cuore?

Sì, ovviamente. Ma perché va anche oltre. Senza dilungarmi in rivoli, questo è un altro segnale della volontà di distruggere qualcosa che non è stato mai capito come vitale in un ambito che non era solo quello degli studi televisivi. Già avevano ammazzato il cinema portandoci la televisione, ora ammazziamo anche quest’ultima: andiamo in Polonia, con tutto il rispetto per i polacchi e per chi li ha rappresentati. Bisogna capire che si sta facendo una scelta: noi dobbiamo capire cosa vogliamo fare di questo paese. Vogliamo far lavorare i nostri trovando un modo con costi che siano giusti e giustificabili per riattivare, o vogliamo riesportarci prendendo le valigie di cartone per andar fuori, dove siamo più apprezzati? Io conosco dei giovani che lavorano in Germania, mi piange il cuore sembra veramente d’esser tornati alla nave che impiegava tre mesi e agli italiani che si chiamavano Di Giulio e diventavano Di Jolio. Dietro la chiusura di Cinecittà non c’è un progetto, c’è la morte di una storia.

Parlando di televisione, tuttora proseguono quei dibattiti nell’intellighenzia italiana di tv generalista è morta-non è morta, ma la RAI è pubblica o privata. Secondo lei ha senso tutto questo?

Fatto così no. Avrebbe senso se si desse senso a quello che si dice. Già i termini sono sbagliati. Generalista è riduttivo. Noi abbiamo ucciso il varietà, chiamato infotaiment qualcosa che quanto più abortico esista. Nel senso che o fai informazione o fai intrattenimento. Ieri sera ho visto un tentativo che non ancora non so giudicare perché sono imbarazzato all’idea di dare un giudizio sulla Mannino (Teresa, Se stasera sono qui su La7, ndr), sul quale certamente ho avuto un momento di grande curiosità, di emotività coinvolta nel monologo di Pif, ex iena, su Palermo, su una serie di documenti sulla mafia e sul modo di interpretarli, e ho ripensato alla struttura molto compresa e credo anche ormai molto spettacolarizzata di Saviano e il modo elegante con cui comunque far arrivare alla gente qualcosa.
Io credo che ormai bisogna incominciare a dire cose intelligenti. Punto. E non continuare ad avere la ricerca per tutta l’estate di una velina, per carità sarà un fenomeno importante sulla quale si sono spese anche eccessive critiche, fanno una cosa che faceva meglio Delia Scala perché era una signora che cantava e ballava molto meglio. E’ il momento nel quale si confondono le cose serie con quello che fai diventar serio ma non lo è, per distrarre dal pensiero, non lo so.