La pellicola narra di una pagina drammatica della storia dell’America Latina: la guerra civile messicana (anni 1926-1929).

Pochi sanno che in Messico, agli inizi del XX secolo, si è compiuta una persecuzione terrificante contro i cattolici, che è continuata nel tempo, lasciando conseguenze durature sull’organismo politico e sociale dello stato dell’America centrale, avendo effetti nefasti sull’intera America Latina. Si trattò di un conflitto scatenato contro una società mezzadra, popolare, credente, un’aggressione commessa da uno Stato autoritario uscito da un processo rivoluzionario.

Dal 1926 in avanti, sotto la presidenza di Don Plutarco Elìas Calles, capo di un Governo anticlericale e massone, la persecuzione si fece ancor più violenta con l’espulsione dei sacerdoti stranieri, la chiusura delle scuole private e di alcune opere benefiche. I laici messicani costituirono un’organizzazione denominata Lega in Difesa della Libertà Religiosa, proclamando che la dignità offesa doveva essere difesa sul campo. Ebbe così inizio la guerra civile, meglio conosciuta in Messico come «Movimiento cristero».

Sarà papa Giovanni Paolo II ad elevare agli onori degli altari alcuni martiri della persecuzione messicana: sacerdoti e laici, militanti delle organizzazioni cattoliche canonizzando 25 martiri messicani il 21 maggio dell’anno giubilare 2000, in piazza San Pietro. Ultimo ad essere beatificato è stato il piccolo José Sánchez del Rio, giovane Cristeros beatificato nel 2005 da Benedetto XVI. Morì testimoniando la forza di Cristo: sotto tortura, per costringerlo ad abiurare, urlò: «Cristo dammi la forza!», mentre in prigione chiese l’eucarestia di nascosto. Scrisse alla madre che non era mai stato così facile guadagnarsi il cielo.

Un cast ben costruito composto da Andy Garcia nel ruolo di Enrique Gorostieta Velarde, Oscar Isaac in Victoriano “El Catorce Ramirez”, Catalina Sandino Moreno in Adriana, Santiago Cabrera in padre Vega, Eva Longoria in Tulita e Peter O’Toole in padre Christopher ma va al diciasettenne Mauricio Kuri un plauso particolare per l’ottima interpretazione di José Sánchez del Rio.