Roma. Si conclude la rassegna Bimbi belli al Nuova Sacher. Il regista Nanni Moretti ha premiato i vincitori delle varie categorie in questa rassegna dedicata, come sempre, alle opere prime.

  • Miglior film: Last summer;
  • Miglior attore: Marco Todisco;
  • Miglior attrice: Ariane Ascaride;
  • Miglior dibattito: La terra dei santi.

Di seguito le impressioni sui film.

IO STO CON LA SPOSA— Documentario che racconta un percorso attuale dei migranti. Retorico per molti aspetti, eleggendo il popolo siriano in realtà distilla quella cultura del Mediterraneo che ci vede simili. Nel complesso non aggiunge nulla rispetto a similari documentari visti in televisione, pur avendo una consolidata struttura narrativa.

VERGINE GIURATA— Per la complessità del personaggio interpretato da Alba Rohrwacher, per la solidità del racconto e del montaggio, rappresenta il miglior film di questa rassegna. Il giudizio del pubblico sicuramente sarà diverso perché i silenzi, le espressioni di quei popoli e tribù della penisola balcanica ci risultano ancora oggi, nonostante secoli di trasmigrazioni, lontani e difficili da comprendere. In questo caso stiamo parlando dell’Albania settentrionale ma la generalizzazione può essere accettata. Un sostrato simbolico pervade il film, potendo risultare internazionale e slegato dal contesto di partenza. Alba Rohrwacher fornisce un’interpretazione muscolare, l’intero suo corpo comunica l’esserci come vergine giurata: bisogna aggiungere che l’attrice vincitrice della Coppa Volpi nel 2014 per Hungry hearts risulta recitare sé stessa, ossia Alba come capace di essere un’altra persona: personalmente ritengo che potrebbe discostarsi da questo per entrare nell’olimpo delle grandissime, non solo delle grandi attrici.

L’AMORE NON PERDONA— Soggetto interessante ma reso in modo sfilacciato. Sicuramente l’amore tra persone lontane d’età, qui lui più giovane, è di grande attualità. Ma troppi ingredienti inseriti non hanno reso la pietanza appetibile. Comunque, la giuria ha premiato la recitazione appassionata di Ariane Ascaride.

SHORT SKIN— Il regista ha dichiarato durante il cineforum che il paragone è tipico di chi non ha capito l’argomento. Allora evitiamo il paragone con Virzì, dal quale uscirebbe asfaltato, ma anche da altri toscani registi come Nuti o Benigni. Romanzo di formazione debole con scene di nudo ricorrenti, tratta un argomento specifico tipicamente maschile con la genuinità dell’opera prima, con il richiamo di non perdere le occasioni che si presentano durante la vita.

CLORO— Storia di una vita difficile, dove si è costretti a crescere bruciando tutte le tappe della propria vita. Pur inquadrandolo in un contesto locale come l’Abruzzo, la storia parla ad ognuno di noi, sicuramente mostrando i protagonisti come gettati su questo pianeta. Rimanendo un semplice racconto di un fatto sembra che gli manchi qualcosa: forse la vita è anche questo e Lamberto Felice espone la sua teoria usando i paesaggi a volte aspri della regione del Gran Sasso.

L’attrice protagonista, Sara Serraiocco, ha ricevuto non pochi voti dalla giuria, a dimostrazione che il segno lasciato da questo film è stato più profondo di quanto immaginato.

SARA’ UN PAESE— Film astratto. Pur con un cineforum successivo alla proiezione nutrito di domande, in realtà la dimostrazione di una teoria non porta molte domande alla mente, bensì due sole opzioni: d’accordo/non d’accordo.

LA TERRA DEI SANTI— Affronta il tema della ‘ndrangheta con un taglio lunare delle luci e con stilizzazioni dei personaggi in una forma adatta alla televisione. Personaggi credibili, attori bravi, veridicità della storia fuori discussione.

LAST SUMMER— Nonostante una mancante storia, troppo sospesa per essere compresa, questo il film vincente dell’edizione 2015 di Bimbi belli. Attrici bellissime, fotografia ottima, colori splendidi, il mare, una barca da sogno, il simbolismo della prigione rappresentato dalla barca stessa anche se non proprio evidente: infatti è sembrata semplicemente una bella barca galleggiante su un mare splendido, lo Jonio. E non genera quella sensazione di claustrofobia, di controllo, di oppressione ricercato dal regista. Rimane una storia raccontata che non genera emozioni: invece la maggioranza della giuria ha recepito questo, premiandolo.

BANANA— Ironico e sarcastico, usa la scuola per parlare della vita e della teoria marxiana, a detta del regista, inserita per spiegare come il denaro deformi le persone. Si ride di gusto per tutto il film, salvo qualche momento a girare a vuoto come se il regista si fosse chiesto cos’altro dire ancora. Gli attori giovanissimi eccellenti, Mario Todisco ha vinto il premio come miglior attore. Come tutte le teorie da dimostrare lasciano il ricordo di: sono d’accordo/non sono d’accordo, esattamente come in Sarà un paese.

Alcuni accostamenti monicelliani sono tipicamente da cinematografari: il regista Andrea Jublin non raggiunge quei livelli semplicemente perché con un altro linguaggio parla di un’altra Italia, altrimenti dovremmo passare il tempo a discernere se sia più bravo Manzoni o Monicelli, dovendo per forza sceglierne uno solo. Da notare i produttori: Lavinia Elkann e Francesco Melzi D’Eril.

PERFIDIA— Alcune sequenze sono criptiche ma il messaggio è chiaro. Cruda analisi sociale, direi tipicamente meridionale: o sei qualcuno o non sei nessuno. Il regista è contrario a questo e noi con lui.

SE DIO VUOLE— Film divertente, popolare come indicato dal regista nel successivo cineforum. Tante risate, ben costruito, ritmato, personaggi credibili. Si nota come il regista e sceneggiatore, insieme a Marco Martani, abbia evitato accuratamente tutti quei problemi tipici dei film lenti e noiosi. Puro intrattenimento senza la profondità di film divertenti altrettanto (es. Signore e signori). Ancora una volta Marco Giallini dimostra eccezionale versatilità, naturalezza, immedesimazione nel ruolo: non si atteggia, è. Un motivo in più per sperare che il cinema italiano o straniero gli fornisca il giusto ruolo per vincere premi di alto livello, anche l’Oscar.

N-CAPACE— Per giudicare un film bisogna combattere contro un malefico demone: la propria esperienza. Dopo anni di visioni teatrali off, d’avanguardia e popolari, film di ogni genere, votazioni ed interviste risulta difficile notare qualcosa di nuovo in questo film di Eleonora Danco. Il tema, legato a Terracina ed in alcuni momenti a Roma, è circoscritto e quindi fortemente legato alle persone del luogo per essere compreso appieno. Difficilmente fuori da quel circondario potrà essere compreso in tutte le sue sfumature. Però bisogna notare che sono anni che sorbiamo nei festival documentari e film legati a realtà che non abbiamo mai visto, di luoghi dei quali non conosciamo né l’odore né il sapore, giudicandoli eccezionali nel solito senso provinciale italiano di reputare l’altro come migliore. Pertanto, risulta assolutamente giusto conoscere, approfondire la nostra realtà, esattamente il nostro vicino. L’appassionato dibattito post-proiezione ha dimostrato ancora una volta che la visione di uno stesso oggetto condiviso, la tematica del film in questo caso, produce un effetto di grande partecipazione: non riconoscendo le forme intellettuali in esso presenti le persone pescano nei loro ricordi, valutando con freschezza e sentimento. Mai come in questo caso il vizioso circolo l’arte per l’arte viene rotto dalla regista e l’esser gettati nel mondo risulta meno violento perché si condivide un passato ed un presente comune.