Intervista a Patrizia Bonanzinga
Roma. Si può ammirare al Palazzo delle Esposizioni, ancora in ristrutturazione, l’ultima fatica di Patriza Bonanzinga. Un lavoro tecnicamente non innovativo: un insieme di foto che sono messe insieme, a formare un percorso narrativo dei lavori al Palazzo. L’insieme è frutto di alcuni mesi di lavoro dell’artista e le foto sono state realizzate completamente in digitale.
L’idea estetica proposta merita un’attenta riflessione. Non è proprio facile fare poesia, od almeno descrivere in modo raffinato, in un cantiere. L’uso di oggetti quotidiani nell’arte non è cosa nuova ma rappresenta sempre una sfida. Geniale Duchamp, geniale Warhol, geniale Basquiat, per restare nel campo delle arti pittoriche. Geniale Beaton, geniale Doisneau, geniale Cartier-Bresson. Peccato si riferiscano ad un’epoca troppo lontana. Gli artisti contemporanei devono proseguire, non necessariamente sui medesimi binari dei citati maestri, il percorso di integrazione e rielaborazione degli oggetti quotidiani nel contesto artistico.
Patrizia Bonanzinga riesce in questo obiettivo. Il percorso offerto è semplice ma al contempo completo. I maggiori aspetti di un cantiere, dai guanti agli strumenti di lavoro, sono resi anche nel loro movimento. Infatti non mancano aspetti della tecnica del mosso nelle foto. Vi è un corpo coerente di sensazioni che, forniti attraverso un tocco molto sensibile, aiutano a definire il cantiere di ristrutturazione come un luogo artistico, con una sua poetica. Non è una idealizzazione, c’è ben poco da idealizzare in un cantiere, dove si lavora duramente. Però, nel tentativo riuscito di fare arte, perché l’arte si deve creare e fabbricare, con gli strumenti di lavoro di un cantiere, con le sue impalcature, si fornisce quella percezione prettamente artistica di vedere del bello anche dove esso, anche per i fatti di cronaca sulle morti bianche, solitamente non abita.
Parte importante la fa il colore. Ma non come ci si aspetterebbe, ossia una scelta precisa delle sfumature da parte dell’artista. Gli oggetti del cantiere sono quelli. Pertanto, il gusto nasce dalla sovrapposizione corretta di superfici omogenee di colore, di macro-macchie.
La luce: difficile, a detta dell’artista. Infatti questo cantiere del Palazzo delle Esposizioni è un po’ buio. Ma i risultati sono stati ottenuti, con molta pazienza.
Combinando i vari elementi, elaborando successivamente il digitale, si è ottenuta un’esposizione di gusto. Quindi, una lezione di estetica, nella quale l’attenzione al particolare viene messa in rilievo per le difficoltà prima descritte, indicando che in contesti diversi rispetto allo studio, o alla bellissima natura, è necessaria un’attenzione diversa e più profonda. Con quest’ultima, emergono delle linee guida su come vedere e cosa vedere d’estetico in un cantiere, perché la descrizione effettuata dalla Bonanzinga può essere astratta e assurta a metodo. Generalizzando, il lavoro fotografico indica l’importanza di un approccio che valorizzi maggiormente l’aspetto estetico del lavoro, perché anche con esso che si può realizzare un suo miglioramento.